[Delicatessen 120] Giù le mani dai finocchi...
Voglio dirlo pubblicamente: io non sono gay. Non ho quest’onore. Non so perché io non sono gay, ma sono certo che dovrei riflettere per capire meglio, perché sono certo che se non sono gay (o almeno bisessuale) è perché qualcosa della mia sensibilità è rimasto sordo, ed io sono ormai troppo vecchio per ridargli l’udito. Ma, anche se non sono gay, sono furente contro una società che si ostina ad insultare, a ghettizzare, a usare violenza fisica, verbale, psicologica, contro i gay, contro altri esseri umani, colpevoli solo di avere una sensibilità differente da quella della maggioranza, differente da quella stabilita per dogma da chi si è autoincaricato di imporci i Valori Giusti, anche se ancora non riesce a far pulizia dentro il suo stesso corpo ecclesiale di reati (reati, sia chiaro, prima ancora che peccati) odiosi e vergognosi come la pedofilia. Io non so se Marco, il ragazzo che si è suicidato a Torino, gettandosi dalla finestra, dopo essersi conficcato un coltello al petto, fosse gay. Credo che, a 16 anni, non lo sapesse ancora neppure lui. So però che per questo è stato deriso, isolato, aggredito verbalmente per mesi e mesi dai suoi coetanei, i ragazzi normali, quelli che non sono ‘finocchi’. Per loro era un diverso, come ha scritto lui stesso nel suo ultimo biglietto. So anche che una società e una scuola dove accadono episodi del genere sono una scuola e una società profondamente ammalate, una società e una scuola messe in grave pericolo, e non da chi chiede pari diritti per tutte le coppie, ma da chi, senza compassione, scatena crociate e semina diffidenza.
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