Delicatessen [10] - Gli tsunami portatili della scuola pubblica italiana

30 dicembre 2004 Costume e società
Delicatessen [10] - Gli tsunami portatili della scuola pubblica italiana

Mi rendo conto che in tempi come questi, in tempo di devastanti tsunami, parlare dell’allagamento di una scuola possa far sorridere. Eppure l’acqua piena di liquami che invade ad ogni pioggia un po’ più forte la Sezione staccata di Quartu del Liceo Artistico cagliaritano è - a suo modo - simbolo di una catastrofe epocale, quella della nostra scuola pubblica che ha poi - nello specifico - una sua terribilità: l’onda maleodorante che allaga le aule di Quartu, non fa morti né feriti, ma torna poi con inintermessa puntualità ad ogni pioggia, come la goccia che ostinata scava la roccia e tortura il condannato. Fino ad uccidere ogni credibilità per la scuola di un supposto paese civile ed avanzato. Hanno scritto al nostro giornale, i ragazzi di Quartu, ci hanno spiegato di come da anni siano costretti a far scuola in una palazzina nata per ospitare appartamenti, riattata alla bell’e meglio e trasformata - per puro miracolo amministrativo - nella sede di un Liceo Artistico. Ora, per strana sorte, io insegno proprio in un Artistico e so bene cosa intendono i ragazzi quando lamentano la mancanza di spazio e di luce. Come si fa a chiedere a qualcuno di imparare a disegnare, a modellare, a scolpire al buio, in stanze dove non ci sia agio di muoversi, in cui la testa di uno copre spietatamente all’altro il modello da copiare? Non è possibile. Punto. Se poi a questo aggiungiamo la necessità di portare in salvo spesso e volentieri chiappe e narici dallo tsunami portatile di urina e cacche spaiate che gli invade l’aula, comprendiamo bene perché per questi ragazzi andar via di là sia vitale e come restino basiti se a qualcuno viene in mente una qualsiasi ragione per negar loro gli spazi disabitati di una scuola elementare.
La lettera dei ragazzi mi è venuta in mente l’altra sera, guardando alla Tv un servizio sui nostri soldati bloccati a far nulla a Nassirya, mentre, a detta del suo successore iracheno, l’eroica Signora Contini si dedicava alla finanza allegra. Quanti licei artistici avremmo costruito con i soldi impiegati a Nassirya, quanti ospedali, quante scuole elementari, quante ludoteche? Che volete farci, trovo tutto questo scandaloso, almeno quanto le dichiarazioni dei paesi ’civilizzati’, che, dopo aver costretto alla fame tante nazioni del Sud Est asiatico, ora, contando i turisti morti, si lamentano dell’inesistenza di un sistema di prevenzione dei disastri. Il rischio di uno è il rischio di tutti, come la scuola di uno è la scuola di tutti.

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