Delicatessen [09] - Strani quartieri.

24 dicembre 2004 Costume e società
Delicatessen [09] - Strani quartieri.

C’è un quartiere a Catania che si chiama Librino. Un quartiere enorme, disegnato nientemeno che da Kenzo Tange. Doveva essere il futuro Centro Direzionale della città, invece è diventato un immenso suburbio degradato dove vivono in 150.000. Dove c’è mafia, miseria, palazzi alti fino al cielo, dietro le cui finestre, di notte, a volte vedi baluginare candele, perché in molti stabili non arriva la corrente elettrica. Dove non ci sono negozi, campi sportivi, dove non c’è nulla oltre la strada e i palazzi. Io Librino lo conosco bene, perché sono uno dei complici del meraviglioso progetto di un mecenate, Antonio Presti, che vuole trasformare Librino in un grande museo a cielo aperto, ricoprendo le facciate cieche dei palazzoni con fotografie e video di grandi artisti internazionali che abbiano per soggetto la gente di Librino, il quartiere, perché la gente della città ’normale’vada nella periferia, la invada, la riconquisti pacificamente. Forse per una volta possiamo provare a invertire le gerarchie e, visto che da anni alle periferie promettono prima di tutto fogne e servizi e poi, solo dopo, cultura, possiamo tentare di fare il contrario e vedere se l’amministrazione di Catania avrà il coraggio di lasciare senza fogne e servizi un meraviglioso museo a cielo aperto. Perché, se il mondo non va a Librino, sarà Librino ad andare nel mondo.
Io conosco bene anche Scampia, perché sono napoletano e le Vele le ho avute davanti agli occhi da quando sono nato. E sono felice di sapere che il Sindaco di Napoli ha deciso di portare la cultura e lo spettacolo anche a Scampia. A patto che quegli artisti non vadano a Scampia a mostrare quanto è bello il mondo fuori e come sono bravi loro, ma siano capaci di essere uno specchio in cui gli abitanti di Scampia sappiano riconoscere l’infinitesimo barlume di bellezza rimasto in loro e nel loro quartiere. A patto che sia un’operazione per far rinascere dignità ed identità e non la solita sfilata di nomi noti all’Inferno per un giorno, che non sia il solito il circenses d’emergenza, come lo scudetto post-terremoto negli anni di Maradona.
Anche a Cagliari c’è un quartiere così. Si chiama Sant’Elia. Sta tra lo stadio e il mare. Anche lì, forse, si potrebbe provare a cambiare con l’arte e la cultura quello che la politica ha lasciato immobile e immutabile, da decenni. Allegoricamente prigioniero tra il mare e lo stadio di calcio. Tra la domenica da Basso Impero Calcistico e le navi da guerra che ingombrano minacciose l’orizzonte.

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