Delicatessen [03] - Una metastasi more uxorio

11 novembre 2004 Costume e società
Delicatessen [03] - Una metastasi more uxorio

Io sono una metastasi. Anzi: noi siamo una metastasi e quando dico noi intendo me stesso, la mia convivente (ormai quasi ventennale) e nostro figlio undicenne, Jacopo. E, per esagerare un po’, ficchiamo dentro questo ’noi’ anche tutti quelli come noi: che concubinano more uxorio, che condividono sesso e calzini sporchi, amore ed educazione dei figli, gioie e solitudini, quelli che stanno insieme semplicemente perché si vogliono bene, si rispettano, si desiderano, senza bisogno di ufficializzare alcunché, né davanti a Dio, né davanti agli uomini.
Già: desiderano… Il problema è tutto lì, è quello che, a parere di Monsignor Caffarra, direttore dell’Avvenire, fa di ogni convivenza (etero o meno) per l’appunto una «metastasi», anzi una «letale metastasi» della nostra vita sociale e spirituale: «l’identità del diritto e del desiderio». Basta mica desiderare, o amare, qualcun altro/a per avere diritto a viverci insieme: staremmo freschi! Poi quelli come Monsignor C che ci starebbero a fare, chi lo leggerebbe più l’Avvenire?
Dunque sia ludibrio su me, su quelli come me e pure sui colleghi dell’Unità, che hanno osato schierarsi a favore dei PACS i Patti di Civile Solidarietà proposti da Franco Grillini per regolamentare e ampliare i diritti di tutti i cittadini che decidono di convivere, di metter su famiglia, sia pure senza passare per l’altare. Siamo agenti cancerogeni, diamo il cattivo esempio: anche se siamo onesti, laboriosi, gentili, tolleranti, caritatevoli. Non conta. Ciò che conta è il Peccato, ciò che conta è - come sempre - demonizzare il desiderio. L’aria sanfedista che spira dall’America del Bis-Bush ci fa sospettare, anzi, che le eccezioni qui siamo noi, e non - come sembra credere l’Europa - il Professor Zuttiglione. Altro che matrimoni gay, nisba! Neanche se rinsaviamo di colpo e smettiamo di chiamarli ’matrimoni’, preferendo un anodino ’convivenze’.
Fa niente, abbiamo scherzato, giuro che mi flagello ogni giorno per chiedere perdono e naturalmente abbandono concubina e figlio del Peccato. Il problema sarà spiegarlo a Jacopo, il quale, a 6 anni, nonostante fosse stato educato da due diabolici laici, ha deciso di battezzarsi. Chi glielo va a dire adesso che il suo Dio di Misericordia e d’Amore, anzi, certi suoi rappresentanti in terra, hanno deciso che lui è il frutto di una metastasi, di un cancro maligno: insomma, che sarebbe stato meglio che non fosse mai nato?

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