Avant-Pop Riviera 3

19 novembre 2003 Costume e società
Avant-Pop Riviera 3

Le stelle lucean da un pezzo (per quello che possono, beninteso, su questo nebbioso triangolo nordestino e neo-haideriano dove vivo) quando finalmente ho spento il TV. Il Multi-Festival era finito, per quella sera almeno. Finita la gara, finito Sanremo Notte, finiti gli Spazi Sanremo nei Tg nazionali, locali e glocali, nei programmi di cucina, nelle televendite, negli speciali sportivi, nei programmi per bambini, in quelli per l’accesso e in quelli per l’eccesso… Stop. Finalmente, rassicuranti pellicole quasi-pornografiche e tutte demenziali-pierinesche occupavano la virtualità catodica e maligna che mi sbirciava da ore. Sono crollato come un sasso, stroncato da ore di rime sceme e scemenze melodizzate a raffica, abbattuto inesorabilmente da secoli di Fuciano Favarotti & Labio Pazio endovena, tagliati da cucchiaiate di teoteocolate bercianti e imitanti, da millenni di cosce e glutei e sorrisi inés-inés, da spacchi che mi riportavano alla mente pagine eccelse di Rilke, mentre scatenavano in me follisensidicolpa per aver comunque porchescamente sbirciato, alla faccia del poeta… Sono crollato… e ho fatto un sogno, un sogno strano-ma-bello. Ero su una spiaggia tropicale, completa di palme cocchi banane scimmie sabbia incontaminata e acqua verde smeraldo. In lontananza, ma molto in lontananza, si udivano le note di ’Nessun dorma’ che, alla faccia del testo, cullavano dolcemente il mio morfeico e quasi morfinico sonno di televittima sdraiata finalmente all’ombra di un dolce vederniente… Poi è arrivato… era lui: Ollio, senza Stanlio, Pavarotti voglio dire, seguito dal suo personale Venerdì, schiavo-assistente rosso-malpelo. Venerdì trascinava dei sacchi pesantissimi verso la celeberrima zattera su cui da tempo ormai, grazie alla sponsorizzazione di noto istituto bancario, l’enorme tenore si sposta da un punto all’altro del globo terracqueo per seguire i suoi innumeri impegni. I sacchi erano pieni del compenso che il Pavarotto si era cuccato per Sanremo, facendosi pagare a grasso d’oro. La cosa strana era che, chissà perché, i centocinquantamilionipercinque (uguale settecentocinquanta!) glieli avevano pagati malignamente in monete da 500 lire. Il povero Venerdì si trovava così a dover trasportare decine di pacchi e tonnellate di metallo più o meno nobile. Ma la barba tenorile abbaiava impietosa: fa presto, fa presto! Basta così, Maestro, pietà Maestà, non ci andranno mai tutti quei sacchi sulla zattera…ci provava Venerdì a riportarlo alla ragione. Ma niente. Gli ordini di Pavarotto non si discutono. Jane lo aspettava, non c’era tempo da perdere. Tutto era stato caricato, anche l’enorme tenore, in cima alla piramide di sacchi, issato a forza di braccia schiavili e rossopelute. La zattera prendeva il mare: al largo, sempre più al largo. Il sogno sembrava finito (ma che sogno fesso, ho pensato) quando… E’ stato un attimo, certo per colpa del peso tenorile, addizionato al ’lourde argent’, insomma al peso dei piccioli, e la zattera… pluff! un attimo ed è andata giù. Pava-rotto ha reagito da eroe. Sbracciava come una coda di balena e abbaiava ordini a un Venerdì abbastanza lontano per sottrarsi al destino degli schiavi egizi che li voleva colleghi nella morte (solo nella morte, beninteso) dei loro faraonici patrons. Tentava di tener su a forza d’acuti e colpi di diaframma tanto lui che gli amatissimi sacchi, il Pavarotto, e c’era quasi riuscito, quando sono spuntati loro, in punta di pinna minacciosa e dente affilatissimo, sguainato e luccicante. Non saprei come definirli, erano una sorta di strani squali, con orecchino, percing nasale e tatuaggi tipo MA 6-TE’ VA CRACK-ER, o THERE NO REASON TO BELIEVE THAT ART E-XISTS o FUCK FAMILY VALUES!, degli squali hip-metr-hop-olitani ed Avant-Pop-Fluxus, che prima se lo sono squadrato e spernacchiato ben bene e poi GNAM! se lo sono inghiottito a brani e pezzi e romanze, più o meno in coro, il gran tenore… Mi pare anche di ricordare che a questo punto, ormai alla fine del sogno, mi è sembrato di vedere, sporti dalle nuvole, osservanti e bastantemente divertiti e ridacchianti, due strani angiolacci o fantasimi lemuri che assomigliavano in modo inquietante a Kathy Berberian e Rino Gaetano, mentre gli acuti di ’Nessun dorma’ venivano trionfalmente sovrastati dalle note in crescendo dei ’Folk Songs’ di Luciano Berio… La mattina dopo mi sono svegliato benissimo.

Altro in Costume e società

Altro in Teoria e critica