Appunti (Tesi di Portici)

22 novembre 2003 Il meglio di Baldus
Appunti (Tesi di Portici)

Gli anni ’80 hanno rappresentato lo sviluppo massimo di un "riflusso letterario" contrassegnato dal dilagare di pratiche di scrittura nelle quali non è dato rintracciare un progetto di critica dell’esistente, a tutto vantaggio dell’ammodernamento dell’industria culturale. In tale situazione, tuttavia, è da registrare il sorgere di un movimento oppositivo che, sulla base di una rinnovata nozione di materialità della scrittura e di sperimentazione, tende a riformulare un progetto di scrittura alternativa. In quest’area problematica ci pare di poter collocare anche il nostro lavoro.

L’attuale situazione, per la sua eterogeneità e per i frenetici mutamenti strutturali che le sono propri, ci pare renda necessario un lavoro di approfondimento teoriéoletterario in cui il contributo creativo sia strettamente collegato a quello storico-critico. Ci sembra irrinunciabile porre una domanda di teoria che, istituendo a suo fondamento la rilettura delle esperienze sperimentali degli ultimi trenta anni ed illuminando di esse anche quelle aree che possano essere rimaste meno frequentate, si concretizzi in un tentativo di definire l’evolversi della funzione oppositiva del fatto letterario.

Nel nostro progetto di poetica assumiamo la nozione di campo letterario come campo essenzialmente intertestuale e sincronico.
In assenza di orientamenti gerarchico-cronologici (o di genere) diviene necessario, per l’attraversamento del campo stesso, il criterio della tendenza.

Le condizioni per progettare un lavoro poetico non sembrano più date dalla dicotomia tra lingua ordinaria e lingua seconda in cui realizzare lo scarto.
La lingua ordinaria, oggi, è già in partenza estetizzata come comunicazione sociale. Il vecchio detto «si fanno più metafore in un giorno di mercato che in cento poesie», all’interno di una mutazione complessiva delle situazioni e delle modalità comunicative, è diventato una realtà quanto mai pervasiva. Al rapporto norma-scarto potrebbero essere contrapposte diverse strategie di contaminazione.

Non riteniamo essenziale nel nostro lavoro la dicotomia insistente sulla centralità del Soggetto o, al contrario, sulla sua disseminazione. A nostro parere la costruzione e il montaggio del testo possono veicolare indifferentemente frammenti narrativi e coaguli di significanti, evitando così di cadere nel feticismo dell’una o dell’altra soluzione. Alla concezione che vede il testo letterario come luogo della "pacificazione sublimatoria", opponiamo, comunque, lo sviluppo di una pratica testuale costantemente critica nei confronti dell’io lirico.

Intendiamo come pratica della citazione un lavoro di contaminazione tra diverse realtà linguistiche che si ponga come obiettivo la trasformazione e la torsione dei materiali utilizzati a livello di micro e/o macrostrutture linguistiche. Non crediamo a un tipo di utilizzo neutrale dei lacerti, e ciò non tanto per cosa si cita quanto per come si cita. Nella circolazione attuale dei linguaggi non v’è possibilità per uno stilema in sé di costituire un altrove rispetto all’esistente, ma è l’inserimento di esso all’interno di un dispositivo di contaminazione a definirne il carattere celebrativo o critico.

L’allegoria, in quanto figura retorica imprescindibile da un referente reale che ne garantisca il funzionamento, ci pare terreno privilegiato per la conservazione e lo sviluppo del rapporto del testo poetico con la dimensione extraletteraria. Crediamo nella funzione essenzialmente comunicativa della poesia in quanto lingua e nostro obiettivo è quello di evitare l’afasia derivante dell’enfatizzazione del lavoro sul significante per indagare, attraverso la complessità dei livelli testuali, la complessità del reale.

L’apertura ai dialetti, come alla citazione, è condizionata dal grado di torsione cui vengono sottoposti i materiali. Il rapporto lingua-dialetti dei nostri anni non permette alcuna nostalgia purista né sul versante dei dialetti né su quello della lingua. Nel nostro lavoro i dialetti si contaminano come tutti gli altri elementi ai livelli di degrado linguistico che nelle condizioni esperite si verificano. I dialetti, nell’universo linguistico contemporaneo, subiscono incessanti trasformazioni (arretramenti, creolizzazioni, etc...) ma conservano in molti casi l’energia dirompente che una secolare tradizione di subordinazione ha accumulato. Un uso diverso del registro vernacolo comporterebbe, nel rifiuto della contaminazione, un’illusione puristico-arcadica dagli esiti specularmente decorativi della poesia neoromantica in lingua.

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