Il faro di Hicksville #01 - Il fumetto di viaggio - Autoanalfabeta incontra Boris Battaglia

Autoanalfabeta University of Utopia 15 gennaio 2015 01. Autoanalfabeta University of Utopia
Il faro di Hicksville #01 - Il fumetto di viaggio - Autoanalfabeta incontra Boris Battaglia

Io Boris l’ho conosciuto di sfuggita, giusto il tempo di un caffè, ad una Lucca Comics & Games di qualche anno fa. Non che non lo conoscessi prima, ché non è che vado alle fiere di fumetto e mi siedo al primo tavolo con uno sconosciuto a bere il caffè. L’ho conosciuto attraverso le parole pubblicate sul suo blog, in una incarnazione precedente a quella online oggi, addirittura ho aiutato lui e il suo – al tempo – socio di scorribande sui fumetti, Paolo Interdonato aka Sparidinchiostro ad impaginare il numero 2 di uno spregiudicato tentativo di realizzare una fanzine sui fumetti, Nubi. Oggi di Nubi non esiste quasi più traccia in rete, tranne qualche link ad un blog che non esiste più, dei pdf irrintracciabili nelle grandi maglie del web. È fatta così, la rete, tante cose che c’erano e oggi non ci sono più. Chi ha avuto un blog su splinder o una mail su lycos capisce perfettamente cosa intendo.

“I fumetti si guardano, non si leggono” è una delle frasi caratteristiche di Boris, che tante polemiche gli ha creato al tempo che le polemiche si facevano sui blog e non sui profili Facebook. Gli ho chiesto conto di questa frase, oggi, mille anni dopo, ma quella parte di intervista la rimando ad un futuro prossimo, che col tema di questa prima puntata c’entra poco. Perché Il faro di Hicksville esordisce parlando di fumetto come diario di viaggio, cogliendo l’occasione della collana Graphic Journalism curata da Rizzoli Lizard e distribuita come allegato al Corriere della Sera, che a dispetto del suo titolo ne sta pubblicando un bel po’, di diari di viaggio a fumetti (ma anche di noir, di biografie, di romanzi storici…).

Guy Delisle al G20Ne parliamo chiedendoci perché a tutti piace Guy Delisle, se vedere la Palestina con i suoi occhi o con quelli di Joe Sacco è la stessa cosa. E poi i Quaderni Ucraini di Igort, che è un modo ancora diverso di affrontare un argomento, questa volta un autore già fatto e finito che sperimenta col graphic journalism (“il graphic journalism non esiste”, sentenzierà Boris leggendo questo testo) e si abbandona al racconto di quello che vede in terra straniera.

Eravamo a quel caffè a Lucca Comics & Games, tanti anni fa. E pensavo che era bello che ci fosse qualcuno che scrivesse di fumetti con linguaggio accademico senza esserlo, accademico. Che negli articoli di Boris ci leggi sì di fumetti, ma solo se vai a fondo e se cogli i riferimenti, perché i fumetti sono nel nostro mondo e allora per parlarne è inevitabile che il tema si attorcigli indistricabilmente con la politica, la letteratura, la scienza, l’antropologia e le scienze sociali. Poi ecco, c’è da dire che Boris non le manda mai a dire, e per questo la simpatia è scattata subito.

Se questa è una università (di Utopia, mica di Lettere qualunque), allora ho ritenuto giusto che a introdurre il corso dedicato al "linguaggio" (ma è ancora corretto definirlo un linguaggio? O non una “Calligrafia”? Un insieme di elementi grammaticali comuni – vignette, nuvolette, onomatopee – ricombinati in linguaggi sempre diversi, tanti per ogni autore al mondo?) del fumetto potesse essere un autoanalfabeta ante-litteram, quando ancora li chiamavamo autodidatti.

Per cui tutti seduti al vostro posto, comincia il primo corso di Fumetto presso l’University of Utopia: Boris Battaglia non fa un cazzo, ma di fumetti e cose del mondo ne sa a pacchi, ha una sua opinione su tutto, non sempre condivisibile ma sempre interessante e motivata.

Nulla di meglio per cominciare ad autoanalfabetizzarci da tutto ciò che pensiamo di sapere dei fumetti.

Benvenuti.

Claudio Calia

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