Il poeta cyberdinosauro di Fabrizio Coscia

3 febbraio 2005 05. Fast Blood
<i> Il poeta cyberdinosauro</i> di Fabrizio Coscia

«Fastblood». Ovvero, poesia civile in salsa (all’arrabbiata) hip-hop. È la nuova creazione del poeta e performer napoletano Lello Voce: un cd - presentato ieri alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, con interventi di Gabriele Frasca e Mariano Bàino - che contiene un «ibrido strano», come lo definisce lo stesso autore. Né poesia né musica, ma «spoken word», parole rappate, che uniscono l’antica fascinazione dell’aedo ai loop elettronici e al techno-jazz, l’invettiva politica al delirio verbale, il furore della denuncia sociale al volo pindarico delle associazioni libere, in un flusso continuo di anafore e allitterazioni, pause e rime, similitudini e iterazioni, dette, proclamate, urlate su un tappeto sonoro elettronico costruito da Frank Nemola (arrangiatore di Vasco Rossi). È poesia fatta «di respiri e sudore, di fiato e di quei pochi pensieri che riesco a mettere insieme, mentre vengo, come voi, centrifugato in quest’enorme frullatore che chiamiamo società postmoderna globalizzata», avverte Voce. Perché le «tracce di sangue» hanno un’origine ben precisa, che si chiama Piazza Alimonda, a Genova: «Il mio disco - spiega Voce - racconta di come ci siamo svegliati il 1 gennaio del 2000 dicendo: ragazzi ce l’abbiamo fatta. Il computer funziona, il mondo non è finito e tutto procede alla perfezione. Poi ci siamo accorti che invece non era così. Ci siamo accorti che ci avevano inquinato l’acqua, l’aria, la terra, e soprattutto i nostri sogni. E allora ci siamo arrabbiati, ed è cominciata Seattle. Poi c’è stata Napoli, e Genova. Ed è successo che hanno ammazzato Carlo». Da qui nascono i quattro «lai», o lamentazioni, che compongono i quaranta minuti del cd (distribuito dalla Self), dove i testi dalla struttura circolare, «con temi che ritornano come un mantra», sono impreziositi da un gruppo di musicisti di tutto rispetto, provenienti da esperienze diverse, come Luigi Cinque al sax, Paolo Fresu alla tromba, Michael Gross alla tromba flicorno (collaboratore dell’ultimo Frank Zappa) e Luca Sanzò alla viola. Poesia tutta da ascoltare, dunque: «Il mio sogno è che la gente lo ascolti in macchina, come colonna sonora. Sono pronto a correre il rischio che la mia poesia si trasformi in sottofondo. Anzi, ne sarei onorato. Il sottofondo poetico del mondo. Vuoi mettere?». Lello Voce ha posto da anni - dai tempi del Gruppo 93 e della rivista «Baldus», fondata con Mariano Bàino e Biagio Cepollaro - l’oralità al centro della poesia, ed è stato il primo a introdurre in Italia lo Slam Poetry, competizione poetica ad eliminazione con giuria popolare. «La nostra società sta diventando sempre più una società dell’orecchio, molto più che dell’occhio. Per questo cerco di inserire la poesia nellci. Una poesia ad alta voce, come quella di mille anni fa. Una poesia che possa educare a un ascolto attento, perché la comunicazione e il linguaggio sono le basi della società». E per chiarire meglio il suo concetto personale di poeta sopravvissuto al nuovo millennio della società tecnologica e mediatizzata, Voce conia il termine jurassico di «Parasaurolophus»: «Il poeta del domani deve essere come quel dinosauro erbivoro capace di camminare sia su 2 che su 4 zampe, dotato di un enorme corno-cresta attraversato da labirinti cavi, che funziona da vero e proprio amplificatore sonoro della sua voce». Un dinosauro sonoro, dunque, ma allo stesso tempo anche «sociale e politico, perché il poeta che immagino vuole comunicare e vuole farlo attraverso la voce, sfruttando tutte le possibilità offerte dai moderni media e dalle tecnologie». «Fastblood» è anche uno spettacolo di «opera-poesia» che, avvalendosi delle video-scenografie di Giacomo Verde, è già stato presentato in festival di poesia e arti performative, in Italia e all’estero.

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