Svegliati poeta e canta! di Roberta Ronconi [rec. a Fast Blood]

17 ottobre 2004 05. Fast Blood
Svegliati poeta e canta! di Roberta Ronconi [rec. a Fast Blood]

Lello Voce ci racconta della sua poesia in musica, realizzata nel cd "Fast Blood" a giorni in vendita nelle discoteche. La ricerca di un sogno e di un linguaggio capace di raccontarlo

Avete mai ascoltato poesia lavando i piatti, stirando, cenando con gli amici, ballando? Pensate sia blasfemo far uscire i versi da una pagina segreta,letta in privato silenzio, gioia solitaria e per pochi? Non la pensa così Lello Voce «poeta o falso rapper, non so più come definirmi », autore di versi da sempre, vincitore di premi e riconoscimenti, tradotto in una ventina di lingue. In questi giorni uscirà nelle discoteche un suo cd. Un cd di poesia e musiche dal titolo "FastBlood". Un’operazione tutt’altro che casuale, che vuole proporre una sorta di rivoluzione nel mondo poetico. Ma anche un atto d’amore per Carlo Giuliani, per Heidi sua madre, per Piazza Alimonda. Lui ce la spiega così.

«E’ una scommessa. "FastBlood" è poesia da ascoltare in macchina, quando vai al lavoro, la mattina quando ti svegli, la sera con gli amici. Poesia di sottofondo? Beh, perché, a te non piacerebbe un mondo con la poesia di sottofondo? Non so se è voglia di un pubblico più ampio. Più che altro, penso che il poeta debba essere umile in questo momento. Perché ha bisogno di una comunità con la quale riuscire a parlare, a scambiare segni. Questo significa che deve sforzarsi di trovare nuovi linguaggi, se vuole essere ascoltato. L’idea è: io ti faccio un disco di poesia, tu stai a casa, stiri e ascolti. Io faccio un passo verso di te, tu un passo verso di me. Chissà, magari ci incontriamo...

Ma mica crederai che ho fatto tutto da solo? No, no. In "Fastblood" sono con me due compagni di sempre, cioè Frank Nemola, arrangiatore di Vasco Rossi, musicista raffinato ma assolutamente pop, e Paolo Fresu, già con me in "Farfalle da combattimento", trombettista che non ha bisogno di presentazioni. Poi ci sono amici nuovi. Michael Gross, trombettista tedesco che ha lavorato con Frank Zappa nei suoi ultimi tre dischi, Luigi Cinque, che significa etnojazz e contaminazioni, e Luca Sansò che è una viola classica di Santa Cecilia. Io sono un tipo socievole, mi rompo i coglioni a lavorare da solo. I poeti amano lavorare da soli. Io invece da solo mi rattristo, al massimo mi masturbo.

E certo che con la musica cambia anche il modo di scrivere poesia! Questi sono versi che possono vivere sulla carta, però sono nati soprattutto per essere ascoltati. Hanno un andamento mantrico, sono ricchi di rime.

Chi ci ha messo i soldi? Ma allora non hai capito. I soldi ce li abbiamo messi io e Luigi Cinque. Abbiamo rischiato di nostro, con l’aiuto dell’editrice musicale Mrf5. Poi abbiamo trovato una distributrice fantastica, la Self. Da questo se ne può ricavare un messaggio importante. Ragazzi, le cose si possono fare anche da soli, senza particolari aiuti. Bisogna avere il coraggio di auto-produrre."FastBlood" è il primo disco di unacollana dal nome "Absolute Poetry", ed ospiterà presto altri poeti e altra musica.

Mi chiedi quale battaglia voglio fare, oggi? Quella di Piazza Alimonda. Che significa anche quella di Ilaria Alpi, quella di Piazza Fontana, quella di Piazza della Loggia. Il mio disco racconta di come ci siamo svegliati il 1 gennaio del 2000 dicendo: ragazzi l’abbiamo scampata. Il computer funziona, il mondo non è finito e gliel’abbiamo messa in culo. Compriamo qualche azione e saremo tutti ricchi e felici. Poi ci siamo accorti che invece stavamo nella merda. No, non è un disco politico nel senso di un comizio. Ci sono anche cose assolutamente private. Perché non è inquinata solo l’aria che respiriamo o la terra che attraversiamo. E’ inquinato è soprattutto il nostro immaginario: il modo in cui amiamo, il modo in cui viviamo le nostre amicizie, il modo in cui parliamo con noi stessi, il modo in cui facciamo l’amore. Non credo che politico e personale possano essere troppo scissi, almeno nel racconto di un poeta che alla fine racconta se stesso. Io dico anche di mia moglie, del mio bambino, di Heidi.

Ma certo che bisogna raccontare ancora Piazza Alimonda! Perché lì è successo il peggio che poteva accadere. E non solo perché Carlo è morto. Non credo ai complotti. Io credo che Piazza Alimonda sia il risultato di una serie di violenze spicciole, di incapacità di gestire l’ordine pubblico, di disordine, di ignoranza, di incompetenza. A Piazza Alimonda è successo che qualcuno ha tolto un passamontagna a un ragazzo che stava morendo e gli ha spaccato la testa con una pietra. Almeno, questo è quello che credo di aver visto io. Forse ci sbagliamo, io e i miei amici di Pillola Rossa che abbiamo guardato per ore e ore i filmati di quella giornata. Ma avremmo avuto piacere di parlarne in un processo,avremmo avuto piacere di vivere in una Repubblica in cui ci fosse data la libertà di esporre le nostre ragioni. Avremmo rispettato la sentenza di assoluzione di Placanica. Noi lo avevamo già assolto. Non crediamo nemmeno che sia stato lui a sparare. E chi lo sa, dov’è finito. Ci piacerebbe saperlo. Vorremmo saperlo non per minacciarlo, ma perchè in questo momento siamo preoccupati: che fine ha fatto Mario Placanica? Nessuno lo sa. E perché a Piazza Alimonda c’erano persone che erano negli stessi luoghi in cui veniva uccisa Ilaria Alpi? Che ci facevano dei corpi speciali in quella piazza, quando avrebbero dovuto essere nella Zona rossa a proteggere i capi di Stato? Questa è la storia di Piazza Alimonda. E’ la stessa storia del 12 dicembre, la stessa di Brescia, dell’Italicus. Sono sempre le stesse storie.

Sì, lo so. Il movimento forse ora è in un momento difficile. Ma sono sicuro che presto tornerà in piazza e porterà con sé milioni di persone. Solo che ha bisogno di confrontarsi con un progetto politico...

No, no, anzi. Prima ancora che di un progetto, abbiamo bisogno di un sogno.

Non lo so esattamente. Ma so che potrebbe essere lo stesso che stai cercando tu, lo stesso che cercava Carlo a Piazza Alimonda. Non è ancora chiaro e non ha ancora le parole per essere detto. Una parte minima di queste parole la possono dire i poeti. Ma la parte più consistente la deve dire chi lavora per organizzare la società. I partiti, i movimenti.

Sì, ho avuto un’immagine di questo sogno. Una sola. Carlo che si alza.»

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