Eroina

18 novembre 2003 Eroina
Eroina

Questo è l’inizio del primo romanzo di Lello Voce. Se vuoi leggerlo tutto è disponibile il download dell’intero testo in formato rtf

Interno di famiglia con scarafaggio

Quel giorno l’Enrico si svegliò all’alba, con un disagio d’esserci: come se la vita gli si fosse infilata in un molare cariato e lui non riuscisse a tirarla via. E doleva... Ma che cazzo di sogno s’era sognato? D’esser scarafaggio tra sca-rafaggi, blatta inter pares, cordiale e filosofa, tollerante tra tolle-ranti. E tutto era così organizzato... Tutti insieme e pur ognuno per cazzi suoi: perfetto. L’isola di Cucarachaville.... o qualcosa del genere, gli sem-brava di ricordare... Scarafaggi... c’era un’enormità di scarafaggi, dappertutto... Cam-minare su sei zampe, poi, tutta un’altra cosa dalla logica piattamente bipe-de. Un’idea: Cucarachaville l’isola dell’utopia-scarafaggio... S’era trovato bene, il ragazzo, e ora logicizzava per dimenticare il dolore al dente, per triangolarsi una rotta qualunque. Era tutto estremamente rassicurante e nero, brulicante.Carapace su carapace, zampe ed antenne e cielo e strade e sole e luna: tutto nero, nero scarafaggio. Era stato un sogno, ma Enrico s’era abituato: avrebbe voluto avere una pallottola di sterco da trascinarsi in qualche parte del letto, da ciuccia-re... Gli toccava alzarsi, invece. La scimmia, lo sapeva bene il ragazzo im-blattato, era mammifero di rimarchevole puntualità e i sestipedi come l’Enrico se li mangiava con un mozzico solo: bloccati, alla biforcazione del ramo percorso, dal moto istantaneo, fulmineo e concorde di indice e pollice, e poi sospesi acrobaticamente per una zampina a perpendicolo sul-le fauci spalancate e infernali, babuinesche, quindi deglutite con sonoro schiocco di lingua. Incominciò dal dente, dal molare, con le endorfine pigre che non volevano saperne di muoversi. Giù per il collo, brivido brivido, a ondate. Poi venne giù tutta la cascata, con uno scalcio al basso ventre. Con una voglia disperata di cacar via tutto, anima e sangue, Enrico riprese possesso del suo corpo. Ricominciò a sentirsi poco a poco, con un vago senso di disgusto scoprì di non aver più carapace e si sentiva nudo e indifeso senza più la sua nera e oblunga corazza... il capo orbo d’antenne... gli occhi piattamen-te sferici... due zampe troncate e le altre trasformate in appendici inespli-cabili, praticamente inservibili, messe com’erano al posto sbagliato. Ave-va perso la sua splendida lanugine nera e si ritrovava tutto ricoperto di pel-le pallida e sudaticcia. Un incubo.

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